I modelli di digital B2b e i benefici

Il Digital B2b in Italia

Il Digital B2b è la revisione, in chiave digitale, del modo in cui un’organizzazione “funziona” e si relaziona con i partner di business appartenenti alla propria supply chain di riferimento. Non è, quindi, sinonimo di “vendite online”, ma deve piuttosto intendersi come un modo più efficiente per organizzare l’azienda, prevedendo processi che si basano fortemente sul ricorso alle tecnologie digitali.

Andiamo a considerare la diffusione del Digital B2b in Italia. Il tessuto economico italiano è formato da circa 5 milioni di imprese: 3,2 sono imprese individuali (64%), 1,5 microimprese (30%), 250.000 PMI (5%) e 4.500 grandi aziende (1%). Il fatturato totale di queste aziende è pari a 3.600 miliardi di euro, di cui 2.200 miliardi afferiscono allo scambio tra privati in Italia. Il valore del transato verso le imprese estere vale 500 miliardi e circa 900 miliardi di euro sono generati verso i consumatori finali. Le filiere che maggiormente contribuiscono alla generazione del transato B2b sono: il largo consumo (12%), il metalmeccanico (9%), l’automobilistico (5%), le utility (5%), il farmaceutico, gli elettrodomestici e l’elettronica di consumo e il tessile-abbigliamento e calzaturiero (tutte al 2%).

L’ecommerce B2b in Italia

Una prima unità di riferimento generale che ci dà un’idea quantitativa del livello di utilizzo del digitale in azienda è l’eCommerce B2b. Esso rappresenta il valore generato attraverso lo scambio dell’ordine tramite strumenti digitali tra i soggetti residenti sul territorio italiano. Nel 2019 vale circa 410 miliardi di euro, con un’incidenza del 19% sui 2.200 miliardi di transato interno B2b. L’analisi del trend di crescita suggerisce un legame con l’introduzione degli obblighi di fatturazione elettronica. Mentre la crescita media annua dal 2012 è pari all’11%, gli incrementi più importanti si sono avuti tra il 2015 e il 2016 (19%), anno di introduzione dell’obbligo verso la Pubblica Amministrazione e tra il 2018 e il 2019 (14%), con l’introduzione dell’obbligo generalizzato.

Il 54% dell’eCommerce italiano nel 2019 (circa 230 miliardi di euro) è prodotto da 6 filiere: automobilistico, che è il settore più digitalizzato in Italia (24%), largo consumo (19%), farmaceutico (5%), tessile-abbigliamento (3%), elettrodomestici ed elettronica di consumo (2%) e materiale elettrico (1%).

L’eCommerce B2b estero

L’eCommerce B2b estero, prodotto dagli scambi di ordini elettronici tra aziende italiane ed estere, raggiunge i 134 miliardi di euro, con un’incidenza del 27% sui 500 miliardi di transato estero B2b, superiore all’incidenza dell’eCommerce B2b italiano. Questo è determinato dal modus operandi di molte grandi aziende estere, che impongono l’utilizzo di sistemi che assicurino scambi strutturati. Soprattutto negli scambi internazionali, infatti, ricorrere al digitale conferisce alle imprese maggiore sicurezza (dovuta al monitoraggio e alla certificazione dei documenti) e, soprattutto, velocità nell’esecuzione dei processi.

Anche in questo caso la filiera con la più elevata incidenza dell’eCommerce estero sul transato estero è quella dell’automobile (26%), che conferma un alto livello di digitalizzazione anche nel panorama internazionale. A seguire troviamo il tessile-abbigliamento con il 15%, valore decisamente più elevato rispetto all’incidenza della stessa filiera sull’eCommerce B2b italiano. Tale evidenza è riconducibile all’imposizione da parte della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) a livello europeo (ad esempio El Corte Inglés e Harrods) dei protocolli EDI come condizione imprescindibile per l’attivazione di una relazione commerciale con le case di moda. Delle altre filiere considerate, il largo consumo genera il 6% dell’eCommerce B2b estero, il materiale elettrico il 4%, il farmaceutico e gli elettrodomestici ed elettronica di consumo il 3%. Di particolare rilievo per l’export digitale è anche la filiera della meccanica che pesa per circa l’11% dei 134 miliardi considerati.

 La diffusione delle soluzioni digitali in Italia

Andiamo adesso a indagare il livello di diffusione delle soluzioni digitali a supporto dei processi interni, di eProcurement, di eSupply Chain Execution e di eSupply Chain Collaboration. 

La digitalizzazione dei processi interni.
Per quel che riguarda i processi interni – anche grazie all’obbligo di fatturazione elettronica – circa il 58% delle aziende utilizza soluzioni di gestione elettronica documentale e il 55% porta in conservazione digitale almeno uno dei documenti del ciclo dell’ordine. Questo dato enfatizza come gli obblighi normativi rappresentino effettivamente un driver dominante nell’utilizzo delle soluzioni digitali per aziende e che, quindi, in pochi casi provano a fare autonomamente un passo avanti nell’integrazione delle procedure interne. Evidenza che viene confermata dalle aziende che gestiscono in automatico il processo autorizzativo tramite workflow approvativi (18%).

La digitalizzazione del processo esecutivo

Spostandoci sul lato esecutivo, emerge che, rispetto ai documenti del ciclo dell’ordine, la fatturazione elettronica, grazie all’obbligo nazionale, coinvolge quasi tutte le aziende a meno di qualche eccezione, essendo adottata dal 78% delle aziende italiane. 

L’estensione ad altri documenti cardine del ciclo dell’ordine resta però molto bassa. Con riferimento, infatti, all’emissione del solo ordine elettronico le aziende coinvolte risultano essere il 26% delle totali. Il documento di trasporto (DdT) è inviato, invece, dal 20% delle aziende italiane. Tale risultato rappresenta un chiaro sintomo del fatto che il percorso di digitalizzazione dei documenti del ciclo dell’ordine è ancora lontano dal suo completamento. Evidenza ancor più significativa se consideriamo le aziende che gestiscono in modo elettronico tutti e tre i documenti: 12,9% dal punto di vista del fornitore (ordine ricevuto, DdT emesso e fattura emessa) e 9,6% dal punto di vista del cliente (ordine emesso, DdT ricevuto e fattura ricevuta). La percentuale leggermente più alta lato fornitore è dovuta alla presenza di due documenti attivi (tra cui la fattura che è un obbligo di legge) e quindi sotto il diretto controllo dell’azienda. 

Le imprese digitali in Italia

Oltre all’obbligo di fatturazione elettronica, contribuiscono allo scambio in modo strutturato di questi documenti anche l’EDI e le Extranet.

Nello specifico, nel 2019 sono 180.000 le imprese che scambiano i principali documenti del ciclo dell’ordine in formato strutturato attraverso EDI ed Extranet, con un incremento del 20% rispetto al 2018 e un’incidenza del 4% sul totale delle Partite IVA del territorio italiano.

La diffusione dell’EDI in Italia

Con specifico riferimento all’EDI, nel 2019 questa tecnologia viene adottato da 19.000 imprese, che scambiano i principali documenti del ciclo dell’ordine (ordine, conferma d’ordine, avviso di spedizione e fattura). 

Sono 240 milioni i documenti del ciclo dell’ordine scambiati tramite EDI. La fattura è il documento più scambiato (55 milioni di documenti). Se da un lato l’introduzione dell’obbligo tra privati ha frenato l’utilizzo di canali già in essere (come l’EDI) per la trasmissione del solo file fattura, dall’altro l’adempimento ha portato le aziende verso una maggiore maturità digitale che ha fatto sì che vi fosse un incremento nell’utilizzo di un formato strutturato anche per altri documenti del ciclo dell’ordine. Gli altri documenti riguardano le conferme d’ordine (+13%) e gli avvisi di spedizione (+9%). Altri documenti scambiati in EDI sono gli inventory report, i dati di sell-out e le anagrafiche-prodotto. 

I benefici dell’EDI
Grazie all’utilizzo di queste soluzioni si possono conseguire diversi benefici come una maggiore velocità e accuratezza delle comunicazioni, con conseguente riduzione dell’intervento e dell’errore umano, permettendo di allocare le risorse in attività a maggior valore. Lo scambio automatizzato dei dati, inoltre, permette di eliminare ingenti quantità di carta e avviene tramite reti sicure e private. Vi sono anche vantaggi legati alla risoluzione dei problemi tipici dell’internazionalizzazione. Infatti, avendo uno standard comune con aziende sparse in tutto il mondo, si evita il problema della comunicazione in lingua diversa e l’invio è validato e attestato dalla ricevuta di ritorno.

La digitalizzazione del procurement e dei processi collaborativi

La digitalizzazione del procurement
È opportuno ricordare che la digitalizzazione di tutti i documenti del Ciclo dell’Ordine porta a un beneficio quantificato come risparmio sui costi che va dai 25 ai 65€ al Ciclo.

La digitalizzazione dei processi collaborativi
Per quel che riguarda l’eProcurement, circa la metà delle aziende (53%) ha digitalizzato almeno una delle fasi che compongono tale processo (dall’albo fornitori alla loro qualifica, fino alla gestione del catalogo elettronico). Tuttavia, se consideriamo le singole fasi, non troviamo mai un livello di adozione (in modalità digitale) superiore al 30%. 

L’eSupply chain collaboration, ossia l’utilizzo di strumenti digitali per la gestione di processi collaborativi come il monitoraggio della supply chain, è adottato, invece, dal 32% delle aziende italiane. Un dato da sottolineare, però, è che più del 20% delle aziende italiane dichiara di non conoscere il tema legato a tali soluzioni. 

La diffusione dei marketplace in Italia

Una tecnologia a supporto dei vari processi che viene sempre più utilizzata tra le aziende italiane è quella dei marketplace.

Nel 2019 numero di marketplace B2b per la vendita in Italia di prodotti nazionali ed esteri è pari a 39. L’esempio positivo di Amazon Business e delle altre realtà italiane che hanno implementato questo strumento anche per le relazioni tra privati, ha spinto le aziende o a estendere la propria soluzione (originariamente orientata al mercato B2c) o ad attivarla come nuovo canale all’interno del proprio portafoglio di offerta.

Il 67% dei marketplace è di tipo transazionale – ovvero permette anche lo scambio di documenti (tipicamente l’ordine) – direttamente sulla piattaforma. Il 28% supporta attività di lead generation, abilitando il contatto con il fornitore per attività di Request for Quote (richiesta di offerta, ovvero si invitano i fornitori a partecipare a un offerta per prodotti o servizi specifici). Il 5%, invece, funge da semplice vetrina di promozione dei prodotti. 

Il 54% nasce per supportare solo processi di relazione B2b, il 46% invece copre sia il mercato B2b che quello B2c. In molti casi, la soluzione nata per raggiungere il consumatore finale, in seguito ha sviluppato anche la parte business, a sottolineare come i fornitori di questa tecnologia vedano potenzialità nel mercato professionale. Più di un terzo (36%) dei marketplace sono italiani, il 23% americani e il 10% cinesi. 

Lo stato attuale della diffusione del Digital B2b in Italia: una sintesi

L’alimentare è il settore più interessato, a seguire gli elettrodomestici e l’elettronica di consumo e il tessile abbigliamento. 

Per quel che riguarda i marketplace puramente italiani, questi sono sviluppati principalmente per il settore B2b e la stragrande maggioranza di essi viene implementato per uno specifico settore tra cui l’alimentare e il tessile-abbigliamento a dimostrazione della forza competitiva del Made in Italy.

Nonostante questi numeri possano nel complesso sembrare soddisfacenti, siamo ancora lontani da una maturità digitale dei processi B2b. Le aziende italiane adottano soluzioni applicative stand-alone e sono ben lontane da una piena integrazione dei processi aziendali. In generale, guardando ai diversi processi, emerge una maggiore maturità sui processi interni, anche se siamo ancora lontani da una piena adozione di ERP, CRM e sistemi di workflow. Sull’eSupply Chain Execution, escludendo la fase di fatturazione, è ancora poco diffusa la gestione digitale e integrata di altri documenti del ciclo dell’ordine oltre alla fattura. 

Leve e barriere alla digitalizzazione

Per quel che riguarda l’eProcurement, le aziende italiane sono ancora poco propense a utilizzare soluzioni digitali a supporto della fase di eSourcing ed eCatalog (soprattutto se consideriamo le realtà più piccole). Infine, con riferimento all’eSuppply Chian Collaboration, le imprese sono ancora poco propense all’utilizzo di soluzioni digitali a supporto di tali processi sia perché non sempre ne vedono i benefici e non ne hanno le giuste competenze per l’adozione, sia perché, nel loro percorso di trasformazione digitale, riguardano uno step successivo ai processi prima menzionati.

Sicuramente il cammino da affrontare non è banale e ci sono diversi aspetti chiave – interni ed esterni – che possono aiutarle nel loro percorso di trasformazione digitale. 

Avere grande apertura al cambiamento è un aspetto essenziale qualora ci si voglia addentrare in progetti di digital transformation. Bisogna avere consapevolezza dell’importanza del digitale e avere una chiara percezione dei benefici che questo può portare in azienda. Sarebbe opportuno predisporre programmi di formazione per i dipendenti e aver presenti esempi di good practice basate sul digitale, in modo da aumentare le competenze all’interno dell’organizzazione e, magari, creare un’unità organizzativa dedicata all’innovazione.

Anche specifici aspetti esterni aiutano questo percorso. Per esempio, la presenza di uno standard di comunicazione delle informazioni condiviso nella filiera di appartenenza (come abbiamo visto accadere per l’EDI) può aiutare molto nel supportare le aziende nei percorsi di digitalizzazione. La possibilità di sfruttare i programmi di formazione esterni, di reperire figure professionali con competenze digitali o di utilizzare i voucher per la digitalizzazione può facilitare l’implementazione dei diversi strumenti.

 

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